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“Occhio di bue” il nuovo libro transmediale del filosofo del pop Claudio Sottocornola

628 pagine di testo, 96 pagine di foto, 435 tracce, stralci musicali delle celebri lezioni-concerto con studenti e pubblico: il testamento spirituale transmediale del 'Filosofo del Pop' bergamasco finalmente in libreria Lo studio e la

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628 pagine di testo, 96 pagine di foto, 435 tracce, stralci musicali delle celebri lezioni-concerto con studenti e pubblico: il testamento spirituale transmediale del ‘Filosofo del Pop’ bergamasco finalmente in libreria Lo studio e la ricerca di una vita in controtendenza. Il volume è un vero e proprio viaggio on the road arricchito con contributi critici

“Il pop è stato la finestra, l’habitat, il luogo da cui far partire una riflessione, per me più stimolante perché più legata alla attualità della vita…”.

“Il pop è stato per me anche un espediente per parlare di ciò che mi interessa davvero, la vita e il suo senso, e l’occasione del pop, esattamente come una partita di calcio fa parlare di gioco di squadra, amicizia, rispetto e collaborazione, mi ha permesso di dire la mia, per esempio su valori, disvalori e ricerca di senso, con grande libertà, laddove senza l’ambiente pop forse sarei stato censurato o inascoltato”.

“Occhio di bue” è il nuovo libro di Claudio Sottocornola, definito dall’autore stesso “un vero e proprio testamento spirituale”, un dono ai suoi lettori, un compendio della sua attività di “filosofo del pop”. Da una vita Sottocornola è impegnato ad analizzare, interpretare e divulgare i contenuti di quella cultura di massa che ha eletto a suo campo d’indagine privilegiato, insieme all’autobiografia e alla contemporanea crisi del sacro.

In controtendenza rispetto all’uso della brevità e dell’estrema sintesi oggi dominanti nella comunicazione pubblica, l’autore ci propone una sorta di archivio da cui estrarre, a piacere, contenuti diversi e variegati, pur nella ripetizione rituale di leitmotiv che costellano questa raccolta di conversazioni, perlopiù trascritte dall’oralità di incontri pubblici lungo la penisola oltre che nella sua Bergamo. Un vero e proprio viaggio on the road, in cui lo accompagneremo, avvertendoci che repetita iuvant, e che stimolato da un pubblico sempre diverso egli ci regalerà “con le ripetizioni, ciò che le accompagnava in forma di variazione, diversa focalizzazione, a volte, lampo e illuminazione…”.

Claudio-Sottocornola

Claudio Sottocornola ©

Si tratta di un corposo volume di 628 pagine di testo, 96 pagine di foto e un Dvd-Rom, allegato in omaggio, con 435 tracce MP3, stralci musicali delle sue lezioni-concerto con gli studenti e il pubblico più vario. Una raccolta di interventi pubblici, in genere presentazioni di due sillogi recenti, “Varietà” (Marna, 2016) e “Saggi pop” (Marna, 2018), raccolte di interviste e saggi, relativi al mondo della canzone e dello spettacolo, connessi alla cosiddetta popular culture, ambito che Sottocornola esplora anche attraverso la fortunata formula delle lezioni-concerto sulla canzone pop, rock e d’autore, di cui compaiono in appendice due trascrizioni, insieme a riflessioni critiche dell’autore stesso e di altri, interviste e una lunga play list che illustra i contenuti musicali e poetici del Dvd-Rom allegato in omaggio.

Inoltre grazie al QR code in quarta di copertina, si accede all’archivio integrale delle lezioni-concerto e delle presentazioni on line dello stesso Sottocornola. Il tutto va a costituire un’opera transmediale che non può che sollecitare la domanda e stimolare la curiosità del pubblico contemporaneo.

“Rispetto al pop… un mio testamento, un lascito… una testimonianza dell’itinerario seguito che potrebbe essere d’aiuto ad altri. Con tutta la musica che l’ha accompagnato e che vorrei consegnare al suo silenzio. E cioè, a un vero ascolto”.

Perché “Occhio di bue”? L’autore ci spiega nella sua Introduzione (“Assolutamente da capire”): “L’‘occhio di bue’ è quella potente lampada che si usa in ambito teatrale, e soprattutto musicale, per proiettare un fascio di luce concentrato e altamente definito sul performer in scena che viene costantemente seguito da un operatore che ne illumina la presenza e i movimenti sul palco. È una sorta di immagine-metafora della sua centralità, del suo essere in quel momento manifestazione, cassa di risonanza dell’essere, suo microcosmo e monade.

Occhio di bue in quanto ritaglia e definisce un soggetto come paradigmatico rispetto ad altro, sta a rappresentare quel fenomeno che nel contesto della contemporanea cultura di massa noi chiamiamo successo, equivalente della gloria nello scenario postmoderno”. Grazie a questa metafora il filosofo del pop propone, a partire dagli ambiti della contemporanea cultura di massa, una riflessione che, dai contenuti giornalistici a quelli storico-sociologici, si va focalizzando man mano come una pratica linguistica e teoretica che è prima di tutto filosofica.

“‘Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta’ – ricorda Sottocornola citando il Platone della “Apologia di Socrate” –, e poiché ogni ricerca si svolge a partire da un ambiente, da un contesto storico, da una condizione determinata… ne segue che studiare le modalità di espressione e comunicazione dell’uomo contemporaneo… vuol dire proprio indagare quegli ambiti, come la musica, il cinema, la televisione, i giornali, la pubblicità e il web, che tale contemporaneità attraversano e caratterizzano”.

Esempio di tale metodologia si ha nella prima conversazione proposta in “Occhio di bue”, “Gloria e divismo…”, dalla Fondazione Romano di Telese Terme, dove ci si addentra in una disamina che, a partire dalla attuale, spasmodica ricerca del successo fra talent, reality e social, confinato alla superficie dell’apparire fine a se stesso, si approda a un’analisi illuminante del concetto di gloria dell’antichità classica, ove il successo o riconoscimento pubblico era sempre correlato alla sua funzione e dimensione comunitaria, il bene della polis, e poi della escatologia cristiana che non ha alcun bisogno del riconoscimento pubblico, che anzi può ignorarla, a fronte del suo rapporto con il divino.

Per Sottocornola, indagare il pop vuol dire indagare il proprio tempo, quella popular culture caratterizzata da produzione industriale e committenza di massa, che designa il nostro tempo esattamente come il barocco designava il ’600 e il romanticismo una parte dell’ ’800, movimenti anch’essi ambivalenti, con manifestazioni alte e basse, e inoltre partire dall’attualità di musica, cinema, mass e social media piuttosto che “dalla teoresi della teoresi” risulta probabilmente “l’approccio filosofico più fecondo e dirompente che possiamo immaginare”.

Emerge poi nell’autore una sempre più netta consapevolezza del declino del pop che diventa degrado, a fronte di una nostalgia sempre più pervasiva nei confronti di quello che Sottocornola chiama il paleo pop degli anni ’50-’60-’70, che diviene mythos fondativo e ideale paradigma di confronto, apertura ermeneutica su un mondo lontano e ormai scomparso ma antropologicamente migliore.

Sorprende che riflessioni spesso ardue e teoreticamente impegnative si accompagnino nel libro a un approccio apparentemente leggero, con frequenti riferimenti, specie nella parte dedicata alle interviste di “Varietà”, ad aneddoti relativi agli incontri che l’autore ha avuto negli anni con i più significativi personaggi della canzone, della televisione e dello spettacolo in Italia, da Gianni Morandi a Rita Pavone, da Carla Fracci a Nino Manfredi, da Vittorio Sgarbi a Beppe Grillo, da Ivano Fossati a Paolo Conte, da Amanda Lear a Gianna Nannini, da Mara Venier a Enzo Jannacci.

Un incontro mancato e rimpianto invece, causa un veto redazionale del lontano 1989, è quello con Raffaella Carrà, recentemente scomparsa, cui l’autore dedica una commossa lettera a ricordo, una ghost track, stampata con un delicato inchiostro grigio, che a lui serve anche per fare il punto sulla questione del pop, altrove affrontata in modo più icastico e corrosivo (vedi il congedo dedicato a “Maradona, il Covid e l’Apocalisse del pop”), e qui ripresa con un atteggiamento più empatico ed emozionale. Su queste esperienze si articola una serrata riflessione che diviene occasione per parlare di senso e valore, qualità e resilienza in tempi difficili come quelli pandemici.

In ultimo, a rafforzare l’impressione testamentaria ed esistenziale del volume, 96 pagine di foto on the road dell’autore e dei contesti in cui si è mosso ci regalano un viaggio fra infanzia, adolescenza, musica, studi, incontri, viaggi, libri, cd, lezioni-concerto, famiglia, scuola e territorio, che ancor più testimonia la cifra stilistica di Claudio Sottocornola, un connubio tra cultura e vita, tra musica e filosofia, tra esistenza e pensiero che in questi tempi così settorializzati tende del tutto a mancare e che in “Occhio di bue” si fa invece sintesi, visione, memoria e proiezione sul futuro.

A chiudere, un Dvd-Rom inedito, con 435 tracce, archivio musicale delle lezioni-concerto di Sottocornola riprese dal pubblico con un inconfondibile sapore live e ruvido, ci permette di familiarizzare meglio con il suo ruolo di performer, interprete e animatore culturale che ne fa un unicum nel panorama della cultura italiana. A impreziosire il lavoro, diversi sono i contributi di addetti ai lavori che introducono o commentano il volume, da Paolo Tocco ad Athos Enrile, da Fortunato Mannino a Maurizio Gusso, testimoniando una stima e un riconoscimento ormai condivisi della lunga attività esegetica e performativa di Sottocornola nel mondo del pop.

Claudio Sottocornola  Marna Casa Editrice

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