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MAMbo – Francobolli. Dialogo tra Cesare Pietroiusti e Flavio Favelli – Incontro on line giovedì 12 novembre 2020 h 17.00

Domani 12 novembre alle h 17.00 il MAMbo - Museo d'Arte Moderna di Bologna propone Francobolli, un dialogo on line tra gli artisti Cesare Pietroiusti e Flavio Favelli su questi oggetti di uso comune, oggi

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MAMbo_Bologna Musei_logoDomani 12 novembre alle h 17.00 il MAMboMuseo d’Arte Moderna di Bologna propone Francobolli, un dialogo on line tra gli artisti Cesare Pietroiusti e Flavio Favelli su questi oggetti di uso comune, oggi considerati obsoleti, entrati nelle rispettive pratiche artistiche.

L’appuntamento si svolge sulla piattaforma Google Meet e si può partecipare collegandosi domani alle h 17.00, al seguente link.

Pietroiusti e Favelli si confronteranno a partire da una serie di materiali e lavori che condivideranno nel corso dell’incontro toccando anche i temi del collezionismo, del valore e dell’obsolescenza.
Modera Lorenzo Balbi, responsabile Area Arte Moderna e Contemporanea | Istituzione Bologna Musei e direttore artistico MAMbo.

Scrive Cesare Pietroiusti: “Con l’obsolescenza, spesso gli oggetti acquisiscono un’aura che era in qualche modo celata dal loro essere oggetti “‘d’uso” oppure di presenza comune nella vita quotidiana. Il francobollo mi sembra in questo senso occupare una posizione particolarmente interessante, poiché allo stesso tempo era oggetto banale, come anche oggetto da collezione, elemento dotato di valenza estetica ma anche, direttamente, di valore economico, poiché, come la banconota, il francobollo porta scritto, sul suo proprio “corpo”, il numero, la cifra, che definisce convenzionalmente tale valore.

MAMboL’avvento della posta elettronica ha reso il francobollo un oggetto sempre meno usato, e sempre più ignorato. Di conseguenza anche il collezionismo filatelico è andato incontro a un drammatico calo di interesse. Alcuni anni fa, alla morte di mio padre, che era un appassionato filatelista, ho ereditato una collezione, come si dice, “importante”, che ho deciso di ri-usare in modo anomalo, fuori dalle logiche specifiche e verso quelle, più imprevedibili (e, secondo me, più interessanti) della ricerca artistica.

È una sfida sul valore, anche economico, oltre che estetico e culturale, di oggetti-da-collezione che, nel loro ambito, lo stanno rapidamente perdendo. Se vogliamo, una sfida fra due diversi modi di collezionare; uno rigidamente regolato da cataloghi, valori di listino (peraltro clamorosamente non corrispondenti ai valori di mercato) e rapporti fra valore e numero di pezzi esistenti; l’altro molto più anarchico e imprevedibile, basato sull’unicità, sul nome dell’autore, sullo stare in bilico fra il grande valore e il quasi-zero.

Probabilmente, è anche una sfida a distanza con la figura paterna. Quando lo vedevo sulla sua scrivania, con lente e pinzetta, a “giocare” con i suoi francobolli, non lo capivo, e forse un po’ lo biasimavo. In questi mesi, durante il tempo dedicato alla creazione di collage bi- e tri-dimensionali, ho pensato spesso al fatto che, anche io con lente e pinzetta, sto facendo qualcosa di molto simile. E, sorprendentemente, ho cominciato ad amare anche io questi piccoli, pregiati, obsoleti, auratici rettangolini colorati ma, ancora di più, il risultato della loro deformazione, frammentazione, ricombinazione”.

Da parte sua Flavio Favelli racconta: “… mi ha sempre colpito la Serie Imperiale del Regno d’Italia, che per la prima volta aveva colori accesi e netti (probabilmente solo i bambini solitari e timidi erano capaci di notare un inedito Re d’Italia e Imperatore con la faccia verde, blu e viola) e soprattutto quella da 50 centesimi col ritratto di Vittorio Emanuele III. Spesso nei classificatori li ammiravo sovrapposti, uno sulla metà dell’altro, in intere pagine per farcene stare di più.

Come una manifestazione di propaganda c’erano facciate di colore viola, rosse, seppia e blu, con tanti volti che guardavano come in un grande parata ai Fori Imperiali. Mio nonno usava una pinzetta (non si toccano i francobolli) di colore oro in un astuccio in pelle stampato squame di rettile, perché allora gli animali esotici volevano dire colonialismo. In questo rapporto chirurgico fra carte veline, linguelle, etichette e lenti, la passione filatelica non permetteva di vedere le immagini come tali se non entro la cornicetta dentellata: i francobolli erano solo francobolli, come la famiglia era la famiglia o la tale ricetta di cucina; qualsiasi interpretazione, cambiamento o punto di vista differente, era strano e non era ammesso (Flavio, ma cosa dici?)…”

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